Nel vasto cuore della Sardegna, tra monti di roccia e dolci colline, vive l’antica arte della pastorizia, nutrita dall’amore per la terra e per gli animali. Non è raro, infatti, ammirare l’allevamento di pecore, bianche come nuvole, che pascolano su pascoli verdi, guidate dai pastori che le amano e proteggono con dedizione. Con le loro mani forti e abili, essi costruiscono ovili e recinti. Conoscono ogni angolo di questa terra, come se fosse un’estensione del loro cuore. E così, tra la quiete dei prati e il canto degli uccelli, la pastorizia sarda si perpetua da generazioni. Testimonianza di una cultura millenaria, che non ha dimenticato il valore della semplicità e della saggezza.
Da una parte, mentre le pecore seguono il loro cammino, sotto un cielo di un azzurro intenso, i pastori continuano la loro opera, come custodi di un patrimonio immateriale. Un patrimonio che ci insegna la bellezza della vita e il valore dell’armonia con la natura.
Quando e come è nata la pastorizia in Sardegna?
La pastorizia, da sempre praticata nell’isola, rappresenta una delle attività economiche più importanti della Sardegna. In questo senso, l’origine della pastorizia in Sardegna risale a tempi lontani, quando le prime comunità umane si insediarono sull’isola.
La Sardegna, caratterizzata da un paesaggio montuoso, un clima arido e una vegetazione povera, si prestava bene all’allevamento di ovini e caprini. Questi, tempi addietro, costituivano una fonte essenziale di cibo e di materiali pregiati come la lana.
Pertanto, le prime comunità umane che si insediarono in Sardegna, a partire dal Neolitico, si dedicavano alla pastorizia come attività principale. Grazie a questa attività riuscirono a sopravvivere e ad adattarsi alle difficili condizioni del territorio. Di conseguenza, la pastorizia divenne un’attività fondamentale per l’economia sarda, tanto da essere praticata anche in epoche successive, come quella nuragica, fenicia, romana e bizantina.
Come l’epoca nuragica e romana ha influenzato la pastorizia sarda
In particolare, nell’epoca nuragica, la pastorizia costituiva una delle attività principali delle popolazioni sardes, come testimoniato dai numerosi ritrovamenti archeologici di ovili e recinti per gli animali. Inoltre, la pastorizia aveva una grande importanza sociale, poiché i pastori erano considerati tra le figure più importanti della comunità, spesso anche sciamani e guaritori.
Successivamente, con l’arrivo dei Romani, la pastorizia sarda subì un’ulteriore evoluzione. Infatti, con la selezione di razze ovine e caprine più pregiati, le quali permisero la produzione di tessuti e filati di alta qualità. Non solo. I Romani introdussero nuove tecniche di allevamento e gestione degli animali, migliorando le condizioni di vita dei pastori e la resa dell’attività.
Tuttavia, nel corso dei secoli, la pastorizia sarda ha conosciuto momenti di crisi, dovuti ad esempio alla concorrenza con altre attività economiche o alla diminuzione delle aree pascolive, ma è sempre riuscita a mantenere la sua importanza per l’economia e la cultura dell’isola.
Oggi, la pastorizia sarda rappresenta un patrimonio culturale e ambientale di inestimabile valore. Così, viene tutelata e valorizzata grazie alla produzione di formaggi e prodotti caseari di alta qualità, riconosciuti in tutto il mondo per la loro autenticità e prelibatezza.
I numeri sull’allevamento sardo
In base ai dati statistici, in Sardegna vengono allevati circa tre milioni di ovini di razza sarda. Il che costituisce circa il 32% del totale nazionale. L’allevamento di pecore è diffuso in tutta l’isola, ma in particolare nelle province di Sassari e Nuoro. In queste zone, si allevano rispettivamente il 40% e il 35% dei capi, mentre il restante 25% è allevato nella provincia di Cagliari.
Ad ogni modo, il valore delle produzioni ottenute rappresenta circa il 35% del totale della produzione zootecnica sarda. Con oltre 27.000 addetti, l’allevamento ovino è un’importante attività economica in Sardegna.
La pecora sarda è una razza autoctona a prevalente attitudine lattifera, probabilmente derivata dal grande ceppo siriaco che ha generato molte altre razze del bacino del Mediterraneo. Tradizionalmente, all’interno della razza sarda, venivano distinti tre tipi a seconda della taglia: piccola, media e grossa.
Tuttavia, attualmente questa distinzione ha perso gran parte del suo valore, poiché gli scambi di riproduttori sono frequenti e sempre più spesso si assiste a un’evoluzione verso la diffusione della “pecora di taglia media” in tutta l’isola, che rappresenta più dell’80% del totale del patrimonio ovino. La pecora di grossa taglia è oggi presente soprattutto nelle zone di pianura attorno a Cagliari, mentre quella di piccola taglia è diffusa nelle zone di montagna e in ambienti difficili.
Pastorizia in Sardegna: fattore importante per tutta l’industria casearia
Più dell’85% del latte prodotto viene impiegato per la creazione di formaggi. Come ben sappiamo, la tipologia di formaggi prodotta in Sardegna è molteplice: pecorino romano, fiore sardo, toscanello e formaggi dolci come caciotta e simili. Pensate, il loro sapore intensi fa sì che la maggioranza di queste produzioni sia esportata anche verso il nord Italia e all’estero.
È rilevante notare l’ultima tendenza che consiste nella riduzione della produzione di pecorino romano, a favore di formaggi a pasta semidura o molle.
Per scendere più nel dettaglio, in Sardegna, la trasformazione del latte ovino in formaggio la effettuano tre gruppi di imprese:
- Imprese familiari
- Cooperative
- Imprese industriali
Le prime due categorie producono circa il 50% del latte. Invece, il restante viene trasformato dalle imprese industriali.
Le imprese familiari sono specializzate soprattutto nella produzione di formaggi a pasta molle come il Fiore Sardo. All’opposto, le cooperative, almeno al momento attuale, producono in maggioranza pecorino romano. Nonostante ciò, le dimensioni delle cooperative sono piuttosto limitate, con una base territoriale che si limita a uno o raramente più comuni. La loro attività è incentrata principalmente sulla trasformazione del prodotto, in quanto le loro dimensioni e la mancanza di capacità commerciali non consentono un’efficace penetrazione sul mercato, che rimane pertanto in mano ai commercianti e alle imprese industriali.
Confronto tra passato e presente
Le imprese industriali in passato erano diffuse in piccoli caseifici situati nelle aree di maggiore produzione. Oggi, invece, queste imprese tendono a concentrare la lavorazione in centri di produzione più ampi, che sono in grado di accogliere quantitativi di latte pari a 40-50.000 litri al giorno. Tuttavia, anche le dimensioni delle imprese industriali variano notevolmente, da quelle che producono annualmente 600-700 quintali di formaggio fino a quelle che superano i 10.000 quintali. Da diversi anni, nel settore caseario, si sta verificando un processo di concentrazione tecnica ed economica delle imprese.
In conclusione, la pastorizia in Sardegna rappresenta un’attività di grande rilievo nell’economia agricola dell’isola. Grazie alla pecora sarda autoctona, diffusa in tutto il territorio isolano, si producono ogni anno milioni di litri di latte destinati principalmente alla trasformazione in formaggio. Nonostante il settore si sia evoluto negli ultimi anni, con una concentrazione tecnica ed economica delle imprese, la pastorizia sarda continua a mantenere forti legami con le tradizioni locali e con la valorizzazione dei prodotti tipici di alta qualità.